Ne abbiamo parlato in radio e ho pensato di riprendere
l’argomento.
Bella questa metafora del treno, un qualcosa che passa e ti
porta in un altro posto, in un’altra dimensione e ti fa diventare un’altra
persona.
Non potremo mai sapere se il treno che abbiamo perso ci
avrebbe reso o no migliori, più saggi, più liberi o più ricchi. Quello che
sappiamo è come sono andate le cose che abbiamo vissuto, di quelle ipotetiche
possiamo dipingerne i tratti nella mente e nulla di più.
Uno sport che siamo bravi a fare è impegnarci nel credere
che un treno perso rappresenti per forza una situazione sprecata, buttata.
Molte volte sono solo proiezioni: è più facile pensare che quella possibilità che
non abbiamo colto ci avrebbe sollevato magari da pensieri e situazioni scomode
che viviamo attualmente.
Il gioco interessante è proprio quello di agire in ogni
momento per poter essere in grado di prendere davvero il treno su misura e di farci
salire la versione migliore di noi stessi.
L’attesa del treno è spesso vista come un momento di
passività, la cui staticità è risolta dalla velocità del treno.
Penso invece che si possa lavorare per crescere, evolvere e
stare meglio in attesa del treno giusto, quello che senza di noi sarebbe
davvero vuoto e quello che, per noi, rappresenti la svolta che non ha bisogno
di controprova, l’occasione che mai ci pentiremo di aver colto.
Aspettare può trasformarsi in un’esperienza entusiasmante,
un momento in cui non rinunciamo a migliorare, accanto al binario che fa per
noi.
Allora, cari amici, auguro a tutti voi e a me un anno ricco
di treni giusti, 365 giorni in cui possiamo lavorare per noi stessi in attesa
dell’occasione d’oro, quella da non farsi scappare, quella che in un attimo ti
avvicina alla felicità!