Adesso che abbiamo votato è tempo di bilanci.
Non voglio annoiarvi con dati su chi ha vinto o possibili coalizioni di governo.
A prescindere dalla maggioranza e dalle opposizioni, leggendo i commenti sul web di diversi amici e conoscenti, mi rendo conto che chi ha una disabilità non è sicuro di poter votare nel nostro Paese.
A me è successo due anni fa, in occasione del referendum delle trivelle:
“se non c’è sua mamma che la accompagna lei non può votare”.
Ora leggo di persone con disabilità visiva che hanno impiegato ore per avere il permesso (si fa per dire) di votare.
Almeno loro ce l’hanno fatta. Al Sant’Alessio di Roma alcuni ragazzi non vedenti avrebbero dovuto votare attraverso un seggio mobile perché residenti nell’istituto stesso. Domenica mattina c’è stato un sopralluogo ma poi nessuno si è presentato con l’urna mobile percui una dozzina di persone non ha potuto votare.
Quello che è un diritto, se non vedi, rischia di venirti tolto.
Poi apro internet e leggo che il presidente del CIP Luca Pancalli fa notare che alcuni seggi non erano accessibili quindi la triste e deprimente questione non riguarda solo i ciechi ma chi ha una disabilità.
Ora voglio dire: il voto è stato uno dei primi diritti acquisiti dai cittadini.
Dal momento in cui una persona ha soddisfatto i propri bisogni primari (mangiare, bere) può decidere, eleggendolo, da chi farsi governare.
Questo per noi non è scontato anzi, a volte il diritto al voto si trasforma in una faticosa conquista.
Come se per accedere a un supermercato o a un qualsiasi posto in cui ci si può procurare del cibo bisognasse pregare qualcuno che ci permetta di farlo.
Un presidente di seggio che conosca le regole, un paio di robuste persone che, prendendoci in braccio, ci facciano superare una rampa di scale.
Non è il massimo della vita, soprattutto perché il voto non è un capriccio o uno sfizio ma un diritto/dovere di tutti (e ribadisco tutti) i cittadini.
Alla vigilia delle paralimpiadi sentiremo qualche volta in più nominare degli atleti con disabilità e se saranno bravi e forti magari si ritaglieranno anche qualche manciata di secondo per raccontare la loro storia al grande pubblico.
Come questi atleti, tante persone che hanno difficoltà a vedere o a muoversi domenica non erano in condizioni di votare.
Il nostro movimento paralimpico è in salute e piuttosto stimato a livello mondiale. Culturalmente c’è ancora molto, molto da fare.