Volevo una bambina normale, quando la mia è speciale!


Cosa significa avere un bambino che non vede?
Dopo l’esperienza straordinaria di sport integrato che Daniele Cassioli ha organizzato prima all’Idroscalo di Milano quindi nel contesto delle Oralimpics, le emozioni e le riflessioni sono molteplici.

Un commento di Daniele in risposta alla lettera di una mamma è il pensiero che meglio può racchiudere quanto vissuto a Milano con 20 bambini e ragazzi non vedenti e le loro famiglie, mamme e papà straordinari, grazie alla collaborazione di Sestero Onlus.

“Non sono un genitore quindi certe sensazioni non posso conoscerle. Posso dire però che con queste super-donne ultimamente parlo molto, ci passo del tempo e mi confronto.
Mamma ma tu come hai fatto?
Anche loro mi chiedono spesso come hanno fatto mamma e papà con me.

Problemi ce ne sono e a milioni: sentirsi in colpa per aver ‘fabbricato’ una creatura che non funziona. Essere in quella terra di nessuno in cui non sai se chiedere aiuto a un oculista, a uno psicologo, a Dio o a chissà chi. E poi correre da una parte all’altra del mondo per le terapie, per trovare ausili adatti, per proporre un’attività che vada bene a un bambino che è nato cieco.
Cosa sarà meglio per lui? Cosa posso fare per essere adeguato? Oltretutto molti di questi bimbi hanno dei fratelli che non devono ‘scontare’ la cecità di un membro della famiglia.

Provo a rispondere a queste domande, cerco di dire (o meglio) dare la mia.

Prima di decidere cosa fare, decidete di essere felici con quello che la natura vi ha dato. Decidete di non farvi una colpa per qualcosa che, in realtà, non è dipeso dalla vostra volontà o dalla vostra negligenza. Avere un figlio che ha una disabilità è un trauma, uno shock che può trasformarsi in un viaggio stupendo tra le emozioni e le sorprese che solo lui sa regalarci, bisogna avere il coraggio di decidere di coglierle.

Ero sicuro che una mamma avrebbe potuto aiutarmi, sapevo che avere l’aiuto di una persona speciale che tutti i giorni fa i conti con queste situazioni avrebbe potuto darmi una mano.

Allora chiamo Barbara, mamma della piccola Andrea e ricevo in regalo il paradiso:

C’è una parte del mio cuore che dal primo secondo dalla nascita di mia figlia ha smesso di battere. I pensieri non hanno mai avuto un attimo di riposo in questi cinque anni. Il dolore è stato così duro, così intenso, così diretto che un male così forte non credo si possa provare MAI! Per non parlare della paura… La paura che da quel momento non mi lascia… è parte di me, ormai. Ma poi piano piano l’altro pezzo di cuore si rende conto che quella cucciola che non vede ti sente, sente il tuo dolore, ma anche il tuo amore. I pianti… tanti, tantissimi… le notti sveglie… i sorrisi… la sua manina… la sua grinta che ogni giorno mi dimostra da cinque anni… i successi… le mie fatiche per le terapie… i viaggi la scuola… ma anche le sue… Lei, la mia bambina, ieri mi ha detto che ho le gambe belle come Rapunzel; mi chiede se puo guardare un dvd; mi ricorda che la torta è in forno. La mia bambina un’ora fa ha fatto tre biscotti a forma di campana e se li è gustati, bevendo la sua acqua dalla bottiglietta. Lei, la mia bambina cieca, era in acqua stamattina con i suoi braccioli che rideva come una scemetta perché ha fatto pipi nel mare, proprio come me, 30 anni fa… facevo la pipi nel mare e ridevo! Altre mamme me lo dicevano che tutto poi era normale. La fatica è tanta, l’energia finisce e non finisce mai perché tu mamma sei pronta sempre. Volevo una bambina normale, quando la mia è speciale!

Queste sono le parole di una persona speciale, questi sono i sentimenti di una persona che non ha paura di mostrarsi fragile e allo stesso tempo ha un coraggio che mi fa impressione. Io mi sento piccolo rispetto a lei. Sono persone talmente mature e costanti questi genitori nello stare accanto ai propri figli che mi stupisco quando sono lodato da loro.

Aver conosciuto te, Daniele, è come bere uno spriz con quella fetta di arancia e quei cubetti di ghiaccio che da ragazzina sorseggiavo spensierata con le mie amiche, dopo essermi truccata, pettinata e uscita di casa, chiudendo la porta e pensando: Oggi mi diverto! Penso che tutte noi mamme “sofferenti” quando passiamo una giornata con te dimentichiamo un po’ di problemi e riusciamo a goderci quello spritz, come da tempo non succedeva.

Molte volte mi capita di chiedermi, prima di andare a letto, se e quale senso ha quello che cerco di fare tutti i giorni. Queste sono le risposte. Questo è quel ‘sì’ che mi risuona nell’anima e alimenta il mio amore per questo mondo, quello dei bambini piccoli Un mondo fatto di coraggio e tanto amore.

Grazie a tutti i genitori!”

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